DELL'UOMO FORTE E STRATEGIE NUMERICHE

È sempre più evidente il fatto di come le società attuali non permettano l’insorgere dell’uomo forte al potere, (vuoi anche) divenuto tale per circostanze scaturite sulla base di equilibri precedenti o strettamente locali, e quando in una logica binaria da scontro uni-direzionale di civiltà.

A ciò si preferirebbe il ruolo ben più partecipativo e predominante della donna, senza dubbio meno guerresco, più caritatevole e in un certo senso materno, più gestionale su un concetto di élites societarie, non sempre così riconoscibili, tese semmai a garantirsi soprattutto un multi-allineamento che non preveda azzardi e che invece produca interessi.

Sulla natura discutibile di queste élites è stato già scritto tanto, motivo per cui, causa un progetto epocale che si plasma di pari passo agli interessi poc'anzi accennati (quando, in un’ottica di trasformazione, non tutto vien per nuocere) dalle proprie dirette specifiche "rimostranze", al cosiddetto uomo forte converrà pur sempre fare delle concessioni, certamente calcolandone i pro e contro in termini di future conseguenze.

E che tale uomo forte lo voglia o meno, sulla base del modus operandi di tali élites, è evidente come lo stesso trattamento possa essere riservato anche nei confronti di qualsivoglia donna al potere, quando inevitabilmente a contatto con tali consorterie-oligarchie, e qualora possa anch'essa avere delle rimostranze di un certo tipo.

Ma trattasi tutt'al più di un grande puzzle, fatto di intrecci, di chi in base a questi ottiene o meno vantaggi “per casa propria”, e finché non si arriva a "incidere irrevocabilmente" (in termini di trasformazione) si è in fondo autorizzati a fare e a dire ciò che si vuole, “fa parte del gioco”.

E quando il gioco si mette male - come lo è in questi ultimi anni per il territorio europeo - non che in certi casi oltre la facciata ci siano necessariamente delle complicità "complottistiche", queste potrebbero così sembrare da un’ottica successiva di adeguamento, dovuto sempre a una forma di mantenimento di interessi legati a strategie gestionali, come a dire, in alcuni casi, giochiamoci - e anche in questo modo - la carta del “a mali estremi estremi rimedi” finché possibile.

Da questo punto di vista però, la storia più recente ci dice come ci siano delle differenze di fondo, o se si vuole strategiche, tra il potere innestato da tali élites, e un insorgere del cosiddetto uomo forte: ovvero nell'applicazione del dominio imperiale - inteso anche nella sua moderna accezione - nei confronti di territori "interessanti" dal punto di vista delle risorse e della gestione, ma non molto compatibili in seno a tale applicazione.

Fino a oggi, eccezion fatta per alcuni, può dirsi che l’uomo forte, con i suoi metodi rivoluzionari e uni-direzionali (dunque diretti) per quanto ciò gli abbia fatto pregustare un certo sapore di giustizia, di soddisfazione, ci abbia sempre rimesso, a confronto invece di una gestione sottotraccia da “compra-governi”, da creazione di “frange interne” per colonizzare o gestire un determinato Stato o paese.

E per quanto si possano utilizzare metodi simili a tali consorterie-oligarchie - un po’ come fecero alcuni nell'Italia della Prima Repubblica - non è detto che comunque possa andar bene ugualmente.

Dipende sempre come e fino a che punto, ben sapendo quelli che sono i reali equilibri in campo.

Un semplice esempio su tutti?

È dall'ottocento che il mondo anglosassone o atlantista, grossomodo, vuole la divisione fra tedeschi e russi: c’è sempre riuscito, e soprattutto "dall'interno" (sottotraccia) o quando addirittura andava a coalizzare certo conservatorismo britannico con il comunismo sovietico, a vantaggio statunitense.

È chiaro che il più delle volte a fare la differenza è soltanto una questione di strategia numerica.

In termini di alleanze, dovute o scaturite, non che attualmente possa dirsi la stessa cosa, ma se non altro ci sarà sempre da aspettarsi un atteggiamento o adeguamento simile.